
2- Google Assistant: come rendere più umana un AI?
Google Assistant ha debuttato durante la conferenza annuale Google I/O per gli sviluppatori il 18 maggio 2016, come parte dell'app di messaggistica Allo e poi esteso allo smart speaker Google Home rivale di Amazon Echo. Assistant è stata la risposta di Google all'assistente vocale Siri di Apple, ad Alexa di Amazon e a Cortana di Microsoft.
Come rendere più umana un AI?Per il lancio di Assistant Google aveva incaricato un team composto da Ryan Germick (capo di Google Doodle), dall'artista freelance Emma Coats e dagli scrittori del giornale satirico The Onion perché rendessero più umano il neonato assistente vocale e in caso di raccontare anche la sua infanzia.
La sua esperienza come animatriche le ha permesso di lavorare alla personalità di come se stesse creando il personaggio di un film, che deve però apparire il più possibile coerente dinanzi ad ogni possibile richiesta dell'utente.
Place-ona
Le nuove interfacce utente (UI) non sostituiscono quelle vecchie piuttosto le integrano in base al contesto in cui vengono utilizzate. In biblioteca indossando le cuffie, la nostra place-ona avrà le mani, vista, udito disponibili, ma sarà limitato nel comunicare con la voce. In questo scenario Google ci consente di dialogare con il suo assistente vocale in modalità testuale come se fosse un normale chatbot utilizzando le mani per scrivere, gli occhi per leggere i messaggi nello schermo e sentire dalle cuffie le risposte vocali. Senso dell’umorismoProgettare VUI è molto diverso dal farlo per le GUI e non si possono applicare gli stessi principi e linee guida, per questo in un articolo precedente come fare cose con le parole in chat, avevamo preso come riferimento le regole del principio cooperativo. Allo stesso modo con cui James Giongola, capo creativo per la progettazione delle conversazioni presso Google, invita i suoi chat-designers a farlo. L'umorismo è un modo efficace di costruire un personaggio e può anche essere un metodo per svincolarsi dalle domande imbarazzanti, specialmente per un'intelligenza artificiale (AI) che deve districarsi in una conversazione con un essere umano. Interromperebbe la conversazione spostando l'attenzione su di noi,come afferma Emma in questo articolo per Wired UK, e molto probabilmente lo reputeremo noioso o ci causerebbe frustrazione. Inoltre possiamo impostare la risposta in modo che affronti la domanda da diversi punti di vista rendendo l'assistente simile a una persona, ma non pretendendo di esserlo come ci suggerisce Emma:
Vogliamo che il nostro Bot sia il più umano possibile, ma se cerchiamo di convincere i nostri utenti che lo è se ne accorgeranno e perderemo di credibilità.
Dobbiamo essere onesti e lasciare che gli utenti sappiano da subito che stanno parlando con una macchina che ha dei limiti non alimentando le aspettative degli utenti. Questo perché come dimostrato dalle interviste semi-strutturate dei ricercatori Microsoft Ewa Luger e Abigail Sellen gli utenti, soprattutto quelli meno esperti, tendono ad avere aspettative molto alte nei confronti degli assistenti vocali. Fornire risposte empaticheUna domanda che Google ha visto decine di migliaia di volte è : mi vuoi sposare?L'Assistant non fornisce una risposta diretta, ma ci scherza sopra: E' poco probabile che qualcuno si aspetti una risposta seria ad una proposta di matrimonio ad un'assistente vocale, ma ciò non esula dal chiederci quali sono le reali motivazioni che portano l'utente a fare le domande. La risposta che riceviamo, secondo Krettek, farebbe sentire le persone riconosciute e ascoltate:
Greads: bibliografia
Sitografia[1] Drew Olanoff, Google’s No. 1 Asset Is Its Ability To Empathize With Its Users Through Design And Product Development, Techcrunch, 30/01/2013 Google Assistant's personality Storytelling Design Papers |