Hans Berger: dalla telepatia all’EEG

E’ stato un caso di telepatia spontanea, in cui in un momento di pericolo mortale, e come ho contemplato la morte certa, ho trasmesso i miei pensieri, mentre mia sorella, che è stato particolarmente vicino a me, ha agito come il ricevitore.

Così nel 1940 lo psichiatra Hans Berger (1873-1941) ricordava la sua esperienza di quando era militare di leva a Würzburg ed il cavallo lo disarcionò e di come la stessa sera ricevette un telegramma del padre che voleva saperne lo stato di salute.In seguito Berger scoprì che il padre era stato spinto a tale gesto dalla sorella maggiore che aveva avuto un presagio funesto la stessa mattina dell’incidente.
Berger interpretò l’accaduto come la dimostrazione dell’esistenza della telepatia cioè che il cervello poteva essere un trasmettitore e diffondere i pensieri sotto forma di segnali elettrici e nel suo caso la sorella avesse fatto da ricevitore.
Questa esperienza personale lo convinse dell’esistenza di un’energia psichica (“P-Energy”) capace di trasmettersi da persona a persona e pensò di trovarne un ulteriore conferma nel pensiero del fisiologo danese Alfred Lehmann (1858-1921).
La scoperta delle leggi della conservazione non avevano avuto conseguenze solo per la fisica, ma anche per la psicologia perché sempre più pensatori s’interrogavano se alla base del pensiero non vi fosse una forma di energia non ancora scoperta.
Per Lehmann l’energia chimica, che il cervello ottiene dai diversi processi metabolici, poteva essere convertita in tre forme principali: calore, elettricità ed infine l’energia psichica associata ai diversi stati mentali.
Delineando così l’obiettivo principale della ricerca psicofisica, cioè del rapporto fra mente e cervello, nel determinare l’equivalente fisico di sentimenti, emozioni e del lavoro mentale. E non fu un caso che il lavoro iniziale di Berger iniziò con queste premesse e si basasse sulla relazione fra flusso ematico del cervello, attività neurale e stati mentali come dimostrato dalle sue prime pubblicazioni: “On the Bodily Expressions of Psychical States” (1904–1907) e “Investigations on the Temperature of the Brain” (1910). Altrettanto interessante è che tecniche moderne come PET o fMRI allo stesso modo rappresentano l’attività neurale, durante attività cognitive o motorie, mediante la misurazione della variazione della domanda energetica di glucosio ed ossigeno.

Dal cuore al cervello e dall’ECG all’EEG

Fra il 1902 ed il 1910 Berger, tenendo conto degli studi dei suoi predecessori, iniziò a studiare l’attività elettrica del cervello dei cani utilizzando l’elettrometro capillare inventato dal fisico francese Gabriel Lippman (1845-1921) con risultati non entusiasmanti visto che lo strumento era stato impiegato inizialmente per il cuore e non per il cervello.
L’insuccesso era dovuto al fatto che la tensione presente sul cuoio capelluto prodotta dal cervello è all’incirca un decimo di quella del cuore rilevata con derivazioni degli arti.
Il problema principale rimaneva come misurare e analizzare i piccolissimi segnali elettrici provenienti dal cervello e come sviluppare strumenti sempre più sensibili. A partire invece dal 1910 Berger cominciò ad utilizzare il galvanometro a corda dell’olandese Willem Einthoven (1860-1927) che nel 1901 aveva perfezionato l’elettrometro di Lippman coniando per l’occasione anche il termine elettrocardiogramma (ECG).
I primi strumenti per misurare l’attività elettrica cardiaca erano macchinari laboriosi da utilizzare infatti il soggetto doveva prima immergere le mani ed i piedi in soluzioni di acqua e sale per permettere la conduzione del segnale elettrico.Invece nel 1910 l’inglese Augustus Désiré Waller (1856-1922) rivelò che il paziente che aveva sempre impiegato non era altro che il suo bulldog di nome Jimmy. Le cui zampe erano immerse in vasi con acqua e sale e proiettando su uno schermo la registrazione del battito cardiaco.

berger-eegIl primo tracciato EEG

Nel luglio del 1924 Hans Berger registrò il primo tracciato EEG da un ragazzo di 17 anni di nome Zedel posizionando gli elettrodi direttamente sul cervello approfittando dei fori lasciati dalle due craniometrie che aveva subito per rimuovere un tumore. Ben presto comprese però che i difetti al cranio non erano sempre vantaggiosi per ottenere una corretta misurazione a causa ad esempio dell’ispessimento della dura madre e pensò che potesse essere fatto altrettanto bene o anche meglio attraverso il cranio intatto ed il cuoio capelluto.
Nel 1929 apparve il suo primo lavoro clinico registrato dallo scalpo del figlio Klaus nasceva così, ancora prima delle moderne tecniche di neuro-imaging, l’elettroencefalografia: il primo metodo di analisi non invasivo del cervello in grado di rilevarne anche le lesioni.
Berger pubblicò la sua scoperta con il titolo “On the Human Electroencephalogram” annotando come

l’elettroencefalografia rappresenta una curva continua con oscillazioni continue nelle quali si possono distinguere grandi onde di prim’ordine con una durata media di 90 ms e onde di secondo ordine più piccole di una durata di 35 ms

Il ritmo di prim’ordine erano le onde Alpha registrate ad occhi chiusi con una frequenza fra gli 8 e i 13Hz con un’ampiezza tra i 10 e i 200 microV invece il ritmo di second’ordine ad occhi aperti erano le onde Beta con una frequenza fra gli 14 e i 30Hz con ampiezza tra 1 e 20 mV.
Si cominciava così a comprendere che i parametri fondamentali dell’EEG erano la frequenza (misurata in Hz) e l’ampiezza (misurata in mV) delle oscillazioni di potenziale, o ritmi. Purtroppo Berger non poté mai godere dei frutti della sua scoperta ritirandosi a vita privata nel 1938 e cadendo in depressione e suicidandosi nel 1941.

L’accoglienza alle scoperte di Berger

Molti ricercatori inglesi ed americani non ebbero facile acceso alle sue pubblicazioni e chi ne ebbe trovò non molte difficoltà nella traduzione della lingua tedesca considerando che Berger negl’anni successivi alla sua prima pubblicazione del 1929 la modificò altre 14 volte mantenendone sempre lo stesso titolo. Infine il lavoro di Berger venne colto con molto scetticismo anche dal mondo accademico tedesco finché nel maggio del 1934 il fisiologo inglese Edgard Adrian Douglas (1899-1977) scoprì che il ritmo alfa nasceva nella regione occipitale del cervello e fu per merito suo e di Bryan Cabot Harold Matthews (1906-1986) se la “Physiological Society” di Cambridge riconobbe l’esistenza del ritmo Berger.

Non mi ricordo se trovammo il resto dei documenti che Berger aveva pubblicato prima di decidere di cercare il ritmo alfa umano, ma penso che lo decidemmo tutti insieme, all’inizio del 1934

Edgard Adrian Douglas inizia così a raccontare come riscoprirono il ritmo di Berger.

Accadde che Matthews aveva recentemente progettato un elettrocardiografo portatile utilizzando un amplificatore e scrivendo il tracciato con l’inchiostro, su un rotolo di carta. Questo aveva solo un canale, ma era tutto ciò di cui avevamo bisogno per un’indagine preliminare.

Adrian e Matthews lavorarono nel nel seminterrato del Laboratorio di Fisiologia, che era discretamente privo di anomalie elettriche, e trovarono il ritmo alfa di Berger quasi immediatamente.

Possiamo affermare quindi che la ricerca di una migliore amplificazione dei segnali bioelettrici è un chiaro esempio di come lo sviluppo dell’elettronica dalla valvola termoionica al transistor abbia aiutato ed incentivato le scoperte neuroscientifiche.

Bibliografia

[1] Joseph D. Bronzino, ”The Biomedical Engineering Handbook”. CRC Press LLC, 2000
[2]  Mary A. B. Brazier, “The history of the electrical Activity of the brain ad a mehod for localizing sensory function”, Med Hist. 1963
[3]  M. David, “Hans Berger: From Psychic Energy to the EEG”, Perspectives in Biology and Medicine, The Johns Hopkins University Press, 2001
[4] Theodore L. Sourkes, “On the Energy Cost of Mental Effort”, Journal of the History of the Neurosciences, McGill University,2006
[5] M. Rivera-Ruiz C. Cajavilca,”Einthoven’s String Galvanometer”, Tex Heart Inst J. , 2008

Sitografia
[1] C. Di Mauro, “Telepatia ed Elettroencefalogramma”, Neuromancer, 4/08/2010